In crociera con Penelope

che non è una mia amica ma la mia barchetta con la quale io e Ale siamo andati a zonzo per il mar Tirreno quest’estate. Non starò qui a raccontarvi di quanto è bello il nostro mare e di quanto siano meravigliose le isole che lo costellano perché sono sicura che già tutti siate consapevoli di quanto siamo fortunati a vivere in un posto così. Quindi, in ordine sparso

  • A Ponza ci sono sempre persone, ma tante persone, che girano per le strade con la valigia. Non so dove vadano, si sparpagliano in tutte le direzioni. Puoi uscire mattino, pomeriggio sera…ci sono sempre.
  • A Ischia non sembra di stare su un’isola. In un noto film il protagonista dice “un’isola è un’isola solo se la guardi dal mare”. Ecco, Ischia per me è così.
  • A Ischia ho gustato la colazione più costosa della mia vita. Non che da altre parti sia stata economica, cappuccino e cornetto sono diventati roba da ricchi a quanto pare ma, per me comune mortale, 13,00 euro per due cappucci e due brioches continuano a essere tanti
  • A Procida di sera (almeno in bassa stagione) non gira nessuno; le strade sono vuote. Però in compeso i tavoli dei ristoranti sono sempre pieni. Sempre. A tutte le ore.
  • A Gaeta ci sono molte caserme. Credo di aver visto più cartelli “zona militare” che indicazioni turistiche. Passeggi per la città (tra l’altro di una bellezza che non immaginavo) e vedi da lontano uno scorcio che potrebbe interessarti. Ti avvicini speranzosa e…divieto di accesso. Zona militare. Alle settima volta che succede, diventa una specie di gioco a chi ne trova di più.
  • A Ventotene il mare fa finta di essere calmo. Prima notte in rada, serata piacevole cullati dallo sciabordio delle onde. Andiamo a dormire e si inizia a ballare la tarantella. Oggetti che volano di qua e di là, rumori sospetti. Al mattino nuovamente mare forza olio
  • A Castellammare i pontili del porto e tutte le banchine sono ruvidi e scoscesi. Non fatti male eh, sia chiaro, una precisa scelta stilistica. Solo che girando in monopattino sembra di fare l’elettrostimolazione

E comunque viaggiare così è bellissimo!

Dimenticavo…in tutti questi luoghi ameni il protagonista indiscusso è il cornetto “cremamarena”. Quasi quasi ci rimangono male quando non lo ordini!

Ho perso le parole

Ho perso le parole…e dire che le avevo appena ritrovate. Ma poi è arrivata nelle vite la peggiore parola esistente al mondo:

GUERRA

Ma facciamo sul serio?

Io mi sento catapultata in un nuovo risorgimento e non nel senso di libertà che di solito la parola evoca. Un ritorno invece ad un passato violento e sanguinoso dove si combatteva di casa in casa, dove la sicurezza, la tranquillità, la PACE in cui noi ci siamo crogiuolati fino a 10 giorni fa non si sapeva nemmeno cosa fossero.

Ora vedo in televisione dei ragazzi russi, ragazzini davvero, che innalzano la loro bandiera in casa di altri…ma davvero questo vale la vita di qualcuno? Chiunque sia quel qualcuno? Non riesco a credere che si possa pensarlo.

E si, lo so che in giro per il mondo le guerre non si sono mai sopite; lo so che, trattandosi di posti più remoti noi facciamo finta che non esistano e passiamo avanti; lo so che questa guerra, queste morti, non dovrebbero essere più gravi solo perché sono più vicine a casa nostra. Però è qui. E’ dietro l’angolo. E mi sconvolge. E ho perso le parole

Scrivo per me

Sono mesi, addirittura più di un anno che non scrivo. Anzi no, che non pubblico quello che scrivo. Ho un file pieno di post che non hanno visto, e non vedranno, la luce. Scrivo, rileggo, a volte mi emoziono anche. Però poi al momento di cliccare sul fatidico pulsante “pubblica” esito e, praticamente sempre, rinuncio. Troppo banale, troppo noioso, troppo personale…troppo. Oggi però ho avuto un’illuminazione…io scrivo per me! E’ vero che si tratta di un blog, che sta su internet ed è accessibile a tutti, che è un posto pubblico in fondo. Ma io scrivo per me, per ricordare le emozioni, per elaborarle e, a volte, per espellerle. E allora perché esitare? Se qualcuno vorrà leggere, commentare, condividere allora bene. Diversamente quello che scrivo sarà lì, per me. Come è sempre stato con il mio diario, sempre scritto da quando ero solo una preadolescente.

Ho sempre amato scrivere ma, incredibilmente, ho iniziato a tenere un diario come compito assegnato dalla professoressa di italiano durante le vacanze di Natale. Ero una quattordicenne timida e introversa che faceva finta di essere spavalda. Facevo sempre i compiti con diligenza e questo non è stato da meno. Ma alla fine del periodo di vacanza, non sono riuscita (e meno male!) a separarmi dal mio diario che poi mi ha seguita durante tutto il periodo del liceo e all’università. Quando mi sono ammalata ho scritto il mio “diario di bordo”, la quotidiana narrazione dei miei giorni in camera sterile che tanto mi ha aiutata a superare i momenti difficili e a focalizzare su quanto di bello mi circondava nonostante il momento difficile.

Pio è arrivato il blog…uscita dall’ospedale sono rimasta per tanto tempo legata (imprigionata?) ai ricordi della leucemia e delle cure e mi sono ritrovata in giro per il web a cercare “gente come me”. E’ così che ho scoperto il mondo dei cancer blogger, che ho iniziato a seguirne alcuni e che, dopo molto leggere e poco commentare, ho aperto anche io il mio blog. Mi è stato utile, sono riuscita a riversare su queste pagine tante sensazioni, tanti ricordi, tante emozioni che erano confinate dentro di me o sul mio quaderno. Entrare in rete è stato utile perchè altri come me mi hanno aiutato a metabolizzare il passato più di quanto non facesse il mio diario cartaceo che ascoltava si i miei pensieri ma sempre in silenzio.

Fortunatamente è diventato poi un blog di vita vissuta, non più “cancer” ma “life” blog. Però poi mi sono inceppata, non ho più avuto stimoli per scrivere qui. A chi interessa di leggere la vita banale di una donna, ormai di mezza età, che tutto sommato scorre tranquilla? Ecco…interessa a me! E quindi io scrivo per me! Sono tornata? BOH! Non lo so, però intanto, ora, sono qui!

Zio L., pandemia e addii

7 mesi fa, in piena pandemia, il solito “male incurabile” si è preso mio zio L, il fratello di mia madre. Lui ha lasciato dietro di sé una madre di 92 anni che ora è incaXXata nera perché voleva essere lei la prima ad andarsene, una (ex) moglie con la quale stava vivendo una seconda storia d’amore e due figlie meravigliose. E poi ci siamo noi, fratelli, nipoti, amici, che sono 7 mesi che ci guardiamo attorno smarriti sperando di vederlo arrivare con la sua calma serafica, il suo sorriso sereno e la sua presenza piena di vita. Perché a questa cosa noi non riusciamo crederci. Non c’è stato un funerale, dato il periodo e, forse per questo, non ci capacitiamo.

Non è l’assenza quotidiano quella che manca. Ci vedevamo 2 o 3 volte l’anno a pranzo a casa di mia madre, crocevia di tutta la famiglia. Però la sua assenza colpisce duro e inaspettatamente.

Certo, gli volevo bene a questo mio zio pacato che negli ultimi anni aveva trovato la sua perfetta dimensione, ma non mi aspettavo di pensarlo, adesso, molto più di prima. Ora lo sento come prima non succedeva mai. Ora mi accorgo di quanto lui, dopo tante peripezie e tante sofferenze avesse capito davvero la vita e l’avesse colta appieno. All’anniversario dei 5 mesi i suoi amici hanno organizzato una commemorazione per lui in montagna, in uno dei suoi posti del cuore. Ed erano tanti, in maniera commovente. Lui che amava immergersi nella natura in qualunque modo. Al mare, sulle montagne, a pesca, a cercare funghi. Ora guardo il cielo, il mare, i nostri monti e lo penso. Quasi sempre con un sorriso. Perché lui avrebbe voluto così: essere ricordato con un sorriso, con uno sguardo sul mondo, serenamente. Ciao zio. Ci manchi.

A casa

Nella vita “normale” io non sto mai a casa.  Tra il primo lavoro, il secondo lavoro, le uscite del fine settimana con gli allievi e, in inverno, i fine settimana sugli sci, mediamente sto a casa tre sere a settimana che dedico all’allenamento. Questo comporta non avere tempo per niente che riguardi la gestione domestica: pulizie, spolvero, bucato, cucina sono tutte cose relegate ad una manciata di minuti che, per quanto ben gestiti, danno la possibilità di mantenere una “gestione ordinaria” ma certo non di eccellere nell’attività casalinga. Risultato? Un accumulo infinito di “farò” e di “vedrò” ma soprattutto di “butterò” in cui il momento giusto non arriva mai.

Ora, nella vita folle che questo marzo 2020 ci sta offrendo, tutto questo è cambiato. Fortunatamente ho ancora il primo lavoro, quello d’ufficio che impegna le mie giornate dalle 9.00 alle 18.00 per 5 giorni a settimana ma la scuola è ferma e quindi le serate ed i weekend sono pieni di tempo. E allora perché non dedicarsi a quelle attività declinate fino ad ora al futuro? Nel fine settimana, al mattino, apro uno sportello a caso, tiro fuori qualunque cosa ci sia dentro, pulisco come se non ci fosse un domani e poi rimetto dentro solo il necessario. Il resto via! Ho scoperto che provo un piacere perverso nel riempire buste e buste di cose, del tutto inutili, che conservavo da anni. Mi sembra di rinnovare la casa e la vita, gli spazi aumentano, l’ordine diventa più semplice anche per gente caotica come noi e mi guardo intorno con un senso di soddisfazione che non provavo da tempo. Certo, potessi anche ritinteggiare sarei una donna felice e se il corriere (il giorno prima che tutto si fermasse davvero) mi avesse portato il gazebo che avevo ordinato per il giardino al posto del tavolo celeste con due sedie che in effetti è arrivato, sarebbe ancora meglio! Usciremo di nuovo di casa (speriamo presto), il caos tornerà prepotente tra le nostre mura domestiche – e sarà bellissimo – ma per ora la parola d’ordine è LIBERARE!

Strane sensazioni

Solo oggi mi sono accorta che è più di un anno che non scrivo sul blog.

Solo oggi mi sono resa conto che, dopo ben 15 anni, per l prima volta il mio re-birthday è passato sotto silenzio; non solo non ho scritto, ma non ci ho proprio pensato!!! Neanche un piccolo, fugace, veloce pensiero ha attraversato la mia mente…questa cosa genera strane sensazioni dentro di me. Strane e lievi.

Re-birthday, grazie e dolore

Sono giorni che ho davanti agli occhi lo sguardo tormentato del mio amico P., che meno di un mese fa ha perso sua moglie a causa di una leucemia fulminante che non le ha lasciato scampo. Continuo a sentirmi inadeguata davanti a queste cose, non so davvero come portare sollievo ad una sofferenza che deve essere devastante, nonostante io conosca bene, fin troppo, l’iter seguito per giungere fino qui.

La mia dolce nonnina giorni fa, parlandone, mi ha detto che io sono una miracolata, che ho avuto la grazia; non mi sono mai sentita così ma oggi, il giorno del quattordicesimo compleanno del mio nuovo midollo, oggi si. Oggi, di nuovo, mi sento di ringraziare tutte le persone che sono state al mio fianco in quel duro cammino e di ringraziare la vita che mi ha dato l’opportunità di viverla.

Forza P.!

Willie, ricordi e pregiudizi

Estate 1991…o 90…o anche 92…

Ero al mare, da mia nonna, come tutte le estati della mia vita fino a quel momento. La sera uscivo con i miei amici e, sul lungomare, c’era un ragazzo di colore con una bancarella che vendeva chincaglieria varia. Noi ci fermavamo sempre a chiacchierare con lui, era carino e simpatico; spesso rimanevo seduta sulla panchina accanto a lui per un po’ a parlare e ad aspettare l’arrivo di qualche turista che volesse comprare qualcosa. Gli piacevo, credo. Una sera mi ha detto “domani vieni con me in un posto”; credo fosse il suo modo per chiedere di uscire ma io al momento l’ho interpretato diversamente, solo una richiesta di accompagnarlo da qualche parte. La sera dopo quindi mi sono presentata da lui, contravvenendo a tutte le regole di mia nonna e forse anche alla regola del buon senso, e siamo partiti con la sua sgangheratissima macchina. Mi ha portato alle giostre. Io passavo da una ballerina ad un tagadà e lui mi guardava senza mai salire da nessuna parte. Dopo qualche giro siamo andati sul retro della struttura delle giostre. C’erano una decina, forse più, di ragazzi suoi amici seduti per terra a chiacchierare, scherzare, fumare. Era buissimo e riuscivo a vedere solo i loro occhi che mi osservavano con curiosità, forse stupore…non credo che fossero molte le quindicenni che si aggiravano da quelle parti di solito. Poco dopo siamo andati via e tornati sui nostri passi. Sono tornata a casa poco più tardi, perfettamente entro l’orario prefissato da mia nonna.

Ieri, senza un vero perché, mi è tornato vivido alla mente il ricordo di quella serata a cui non pensavo da anni. Mi ricordo addirittura come ero vestita (ma stenderei un velo pietoso sul mio look da adolescente)

Il mio primo pensiero all’ affacciarsi di quel ricordo, è stato che ero una ragazzina irresponsabile che non sapeva cosa stava facendo. La cosa che generalmente si pensa delle ragazze che sentiamo nelle notizie di cronaca in cui si dice “è stata vista allontanarsi con un ragazzo appena conosciuto” e delle quali diciamo “si però che ci è andata a fare?”

E subito dopo mi sono rimproverata. Ero fiduciosa e serena mentre oggi i miei ricordi sono venati di pregiudizio? E’ giusto essere così cauti, negarsi (o negare ai propri figli) di conoscere persone diverse da noi?

Alla fine di quell’ estate Willie ci ha salutati ed è andato in Francia. Mi ha scritto un paio di volte e poi non l’ho più sentito. Però era una bella persona, questo lo so di sicuro.

Parole Parole Parole

“Zitti zitti che il silenzio è d’oro, e anche quando siamo in tanti stiamo zitti in coro”  diceva una canzone degli Aeroplanitaliani di alcuni anni fa…e sono parole sante!

Io, lo ammetto, ce l’ho il “vizietto”; sono una pettegola seriale, mi piace impicciarmi anche se lo faccio in maniera totalmente innocua. Ma ora basta! Non si fa, non si fa, non si fa! Bocca cucita, sorriso stampato e via, niente più chiacchiere e una vita più serena!

Ecco, questo è il mio buon proposito del 2018…magari un po’ in ritardo!

L’amore è…

L’amore è quello che quando lo vedi senti le farfalle nello stomaco, che quando arriva ti brillano gli occhi e non vedi l’ora di raggiungerlo. E’ quello che tra le sue braccia ti senti felice e sicura, protetta da tutto e tutti e ci vorresti rimanere per sempre. E’ quello che con lui ti diverti sempre, fai vacanze da sogno anche se vai a 3 km da casa, ti senti bellissima perché ti vedi con i suoi occhi innamorati, sei felice anche di stare a casa sul divano perché c’è lui.

L’amore è quando se lui sta male, stai male anche tu, quando ti sale una rabbia feroce contro chiunque, CHIUNQUE, lo faccia soffrire e ti accorgi che faresti di tutto per vederlo sorridere, che scateneresti la violenza verso quelle persone, anche care, che gli stanno facendo del male. Perché il suo sorriso è il più bello del mondo, quello che ti è più caro.

L’amore è…LUI